sabato 20 febbraio 2010

RECENSIONE DI PAOLO BALDI su BRESCIAOGGI

Dal carcere al riscatto sociale: storia di una rivoluzione umana
LIBRI. Giraldi Editore ha distribuito la straordinaria autobiografia penitenziaria di un bresciano esordiente
Con «Io...l'assassino» Lentini racconta il suo «viaggio»: la trasformazione di una vita criminale senza remore in un percorso diretto alla parte illuminata delle cose
18/03/2010


Una scommessa vinta dallo spirito. Una vittoria del principio che vuole possibile ogni trasformazione, qualsiasi risalita da qualsiasi fondo; e che smontando ogni luogo comune e ogni diffidenza rende un omaggio emozionante, a tratti anche triste e crudo, all'umanità come valore assoluto e come strumento di riscatto. Stiamo parlando della «rivoluzione umana» di un omicida (in realtà solo complice di un omicidio secondo la verità poliziesca e giuridica, ma non per la consapevolezza del protagonista), oggi passato dalla dimensione della delinquenza abituale a quella della fede, della testimonianza e del sostegno ai carcerati. Alla dimensione dell'umanità, appunto.È un'esperienza drammatica, commovente e insieme entusiasmante la lettura di «Io... l'assassino», un libro fresco di stampa per Giraldi Editore con il quale Marco Lentini (è uno pseudonimo) si mette letteralmente a nudo, colpendo allo stomaco il lettore con un viaggio attraverso l'arroganza edonistica della vita criminale, il grigiore stupidamente inutile del carcere e la presa di coscienza e l'inizio del cambiamento; a partire da un taglio sofferto ma drastico con i codici comportamentali e gli obblighi «morali» della malavita.Un viaggio che inizia da una storia vera (come vero è l'intero diario parziale di una vita rinata), un gravissimo fatto di cronaca avvenuto nel Bresciano negli anni '90 che ha avuto l'autore come protagonista e che ha segnato in modo determinante la sua vicenda personale. A partire dalla condanna all'ergastolo ricevuta per quel dramma.Tutto inizia con una ricostruzione quasi giornalistica del fatto, e poi la storia prosegue con la breve fuga all'estero resa profondamente sofferta dalla necessità di tagliare i ponti con la famiglia: una piccola parentesi prima della cattura e dell'immersione nel buio di una, due, tante celle di penitenziari diversi ma sempre uguali della Penisola; tappe di un percorso segnato dalla difficile scelta della collaborazione, del taglio netto, ma angosciante, con un mondo che fino a poco prima sembrava l'unico possibile.Marco Lentini ci regala un affresco terribile della carcerazione, raccontandoci senza remore dell'inutilità riabilitativa di un sistema detentivo tecnicamente ed eticamente medievale. Ci parla della sua storia e insieme di quelle di detenuti impossibilitati al riscatto dai tempi burocratici e dalla mancanza di una qualsiasi rete di reinserimento. Ci dice di migliaia di albe solitarie viste o solo intuite attraverso le sbarre. Ci racconta con una violenta crudezza erotica e insieme con una infinita dolcezza emotiva della tortura di un'esistenza senza amore.Poi però la storia si complica e si arricchisce, perchè sulla scena appare l'umanità. Quella, straordinaria, dei docenti volontari grazie ai quali riesce ad ottenere un diploma, e che funziona da catalizzatore per la sua. Lui a quel punto non perde un'occasione, ed è davvero struggente il racconto dei colloqui con la madre e con quel figlio che ha abbandonato e che vuole a tutti i costi riavvicinare. È l'inizio di una prepotente, difficile ma fantastica risalita che passando da studio, lavoro, incubi ricorrenti e tuffi dolorosi nel proprio profondo all'improvviso accelera. Perchè qualcuno, una di quelle persone che illuminano le esistenze degli altri, gli parla del buddismo di Nichiren Daishonin. Così «Nam myoho renge kyo» entra lentamente nella sua vita, spalanca le porte appena socchiuse e gli regala altre, grandi vittorie. Fino a quel momento, bellissimo, in cui il cancello del carcere si chiude dietro le sue spalle per l'ultima volta.

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